DOMANDE E RISPOSTE

Se vado in psicoterapia vuol dire che sono “matto/a”?

No! Chi chiede aiuto è solitamente chi ha il coraggio di guardare in faccia le proprie difficoltà e attivarsi per il cambiamento. Occorre entrare nell’ottica che il benessere mentale ha pari dignità del benessere fisico; essi sono strettamente correlati e influenzano in ugual misura la qualità della vita quotidiana.


​Qual è la differenza tra andare in psicoterapia e parlare con un amico?

Certamente una cosa non esclude l’altra, ma si tratta di due tipi di aiuto molto differenti. La formazione dello psicoterapeuta fornisce delle “lenti” attraverso cui comprendere e rileggere le questioni della mente che non si possono acquisire col solo buon senso comune o l’introspezione personale; questi ultimi a volte sono addirittura fuorvianti. Lo psicoterapeuta ha inoltre una preparazione specifica a riconoscere quanto “porta di suo” (a livello di idee, valori, storia personale) nella relazione con l’altro e riesce quindi ad averne il controllo. Infine, la relazione terapeutica è libera da qualsiasi “conflitto d’interessi”: l’unico interesse in gioco è il benessere del paziente. Quest’ultimo infatti, al di là del compenso economico pattuito e dell’impegno a partecipare, non “deve” nulla al terapeuta; ciò è per definizione impossibile in una relazione basata sulla reciprocità affettiva qual è l’amicizia, l’amore o il legame familiare.     


​Bisogna crederci…

Sicuramente la fiducia è un ottimo punto di partenza per qualunque percorso. Ma al di là dell’opinione personale vi sono numerosi riscontri scientifici sull’utilità delle psicoterapie ed evidenze del fatto che nel nostro cervello avvengano significative modificazioni a livello neuronale in seguito a percorsi di “talking cure”, cura attraverso la parola. É comunque nell’unicità di ogni incontro terapeutico che si fissano gli obiettivi e si condividono i percorsi necessari per raggiungerli. In qualunque momento il paziente ha facoltà di segnalare un proprio malcontento al terapeuta o interrompere il rapporto intrapreso qualora non ne sia soddisfatto; è naturalmente responsabilità del terapeuta monitorare l’andamento complessivo del processo e prendere provvedimenti qualora non lo ritenga di utilità per il paziente (valutando, ad esempio, l’invio a un altro collega).  


​Qual è la differenza tra psicologo, psichiatra e psicoterapeuta?

Come si evince dalla radice “psychè”, comune alle tre parole, si tratta di professionisti che si prendono cura della psiche (parola che oggi utilizziamo soprattutto come sinonimo di mente ma che nel greco antico indicava l’anima). Le differenze riguardano principalmente i percorsi formativi e quindi le modalità con cui queste figure professionali inquadrano e curano la sofferenza psichica.
Lo psichiatra è un medico, iscritto all’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, con una successiva specializzazione in Psichiatria. Può prescrivere farmaci ed è principalmente (anche se non esclusivamente) questa la modalità attraverso cui cura.
Lo psicologo ha conseguito una laurea in Psicologia (5 o 3+2 anni) ed è iscritto alla sezione A dell’Albo Professionale dell’Ordine degli Psicologi. Non può prescrivere farmaci; individua e tratta la sofferenza psicologica attraverso colloqui clinici, strumenti psicodiagnostici, tecniche specifiche qualora siano previste dal suo approccio.
Sia i medici, anche non psichiatri, che gli psicologi possono diventare psicoterapeuti accedendo alle apposite scuola di specializzazione di durata almeno quadriennale. La formazione in psicoterapia consiste nell’approfondimento di un modello teorico e clinico del funzionamento mentale (come quello Sistemico-Relazionale) e in un lavoro sulla persona del terapeuta che è indispensabile abbia buona consapevolezza di sé prima di poter essere d’aiuto agli altri.
Si sente spesso parlare anche di counselors. Il counseling (una forma di consulenza volta a sostenere e sviluppare le potenzialità dell’individuo nella gestione delle scelte di vita o delle situazioni problematiche) fino a poco fa era una professione non regolamentata. Ad oggi, il counseling è considerato di esclusiva pertinenza degli psicologi e ogni abuso professionale è perseguibile.